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In Ateneo

La transizione digitale a Torino e il ruolo del Politecnico

14 Gennaio 2022

Google, MSC, Intesa Sanpaolo, TIM: sono solo alcune delle importanti aziende internazionali che hanno deciso di investire su Torino come nuovo polo nel campo dell’ICT e delle tecnologie digitali.  Questo interesse da parte del mondo dell’impresa genera un impatto significativo in termini di posti di lavoro e di ricchezza distribuita sul territorio, oltre a contribuire in modo decisivo al miglioramento ulteriore delle conoscenze di settore. Per capire quale sia il ruolo del Politecnico in questo rilancio di Torino come polo dell’ICT - e quali siano le prospettive future - abbiamo intervistato il professor Matteo Sonza Reorda, Vice Rettore per la Ricerca dell’Ateneo.

Professore, possiamo dire che Torino e il suo territorio - dopo decenni di crisi dell’industria di impostazione classica - stiano tornando centro dell’attenzione, con la prospettiva di diventare un polo dell’ICT?

Le tecnologie ICT e la cosiddetta transizione digitale nelle aziende e nella società giocano un ruolo trainante dal punto di vista economico. Sicuramente Torino in questo momento ha un ruolo importante a livello non solo nazionale in questo campo grazie agli investimenti mirati di alcune grandi aziende - tra cui TIM, Google, Intesa, MSC - alla presenza di enti di ricerca e di formazione di riconosciuta eccellenza come il Politecnico, e all’attenzione crescente su questo tema da parte delle istituzioni del territorio, a partire dalla Regione e dal Comune. È importante che questa tendenza continui e si rafforzi. Per ottenere questo è fondamentale un’azione concertata e convinta da parte di tutti gli attori del territorio, in modo da essere competitivi rispetto ad altri territori che si stanno muovendo in modo altrettanto rapido e incisivo.

Cosa comporta una transizione – non soltanto industriale - di questo tipo, in un sistema abituato ad altri mestieri e a un altro tipo di formazione? Il Politecnico che ruolo ha avuto?

La cosiddetta transizione digitale è un processo complesso e articolato che deve coinvolgere non solo le aziende e gli enti di ricerca, ma l’intera società. È necessario innanzitutto agire sulla formazione - a tutti i livelli, a cominciare soprattutto dalla scuola secondaria - trovando le forme più efficaci perché tutti colgano le opportunità che possono nascere da una simile transizione, evitando entusiasmi eccessivi o preconcetti infondati, e individuando con attenzione le modalità più adatte. Ovviamente anche la formazione universitaria deve essere coinvolta in questo passaggio culturale, garantendo una formazione di alto livello e aggiornata sulle tematiche ICT sia agli studenti dei corsi di laurea dedicati, sia a quelli degli altri corsi di laurea. Il Politecnico ha lanciato di recente varie iniziative, come il nuovo corso di Laurea Magistrale in Data Science and Engineering, l’orientamento in Cybersecurity della Laurea Magistrale in Ingegneria Informatica, la nuova Laurea Magistrale in Digital Skills For Sustainable Societal Transitions, i master in Artificial Intelligence & Cloud: Hands-on innovation e in Manufacturing 4.0. Non dimentichiamo inoltre che il Politecnico collabora attivamente - ad esempio con progetti di ricerca congiunti - con molte delle aziende che recentemente hanno deciso di creare o irrobustire le proprie sedi sul nostro territorio. Ricordo infine gli investimenti strategici fatti dall’Ateneo in questo settore, ad esempio attraverso la creazione del Centro Nexa su Internet & Società, del Centro Interdipartimentale SmartData e dell’Artificial Intelligence Hub, che testimoniano la volontà di accrescere e coordinare le nostre competenze nel settore, mettendole a disposizione delle aziende e collaborando con esse.

Sono più le scelte delle aziende a creare contesti positivi per la ricerca oppure è la presenza di un territorio fertile in un certo ambito ad attirare investimenti e strutture?

I contesti positivi sono sempre più determinati dalla presenza di fattori diversi, che includono la posizione geografica e le infrastrutture disponibili, la presenza di altre aziende, il supporto offerto dalle istituzioni, la disponibilità di competenze qualificate e di centri di ricerca. Questa combinazione di fattori si realizza solo a valle di una convergenza di scelte tra attori diversi, pubblici e privati. Per questo è importante un coordinamento e una volontà comune di agire in una direzione definita.

Come si pone il sistema di piattaforme del Politecnico in questo contesto fiorente?

La creazione delle piattaforme da parte del Politecnico di Torino permette agli interlocutori esterni di avere una visione più chiara delle aree tematiche su cui è attivo il nostro ateneo e di avere un punto di accesso chiaro ai servizi e al supporto che possiamo offrire. Le piattaforme permettono inoltre al Politecnico e al suo ecosistema di agire in modo coordinato, al di là dell’articolazione interna in enti, gruppi, dipartimenti, centri.

Un rinnovato tessuto economico sul territorio può convincere tante persone a stabilirsi anche dopo gli studi, per un futuro professionale. Si può innescare un circolo virtuoso tra studenti del Politecnico ed ex allievi dell’Ateneo dal punto di vista della ricerca e della formazione?

Il legame tra l’ateneo e i nostri ex-allievi - gli Alumni - dopo che si sono laureati e sono entrati nel mondo del lavoro è fondamentale. Esso permette agli studenti attuali di avere dei riferimenti che fanno loro capire le prospettive esistenti dopo il conseguimento della laurea, all’Ateneo di poter contare su una rete di contatti preziosi per alimentare il legame con il mondo esterno - fondamentale soprattutto per un’università tecnica - e agli Alumni di mantenere il contatto tra la loro azienda - o ente pubblico - con il mondo universitario, che come detto è fondamentale in un tessuto economico sano e dinamico. Il Politecnico sta agendo con convinzione in questa direzione e alcuni risultati importanti sono già visibili.

In Italia il rapporto tra alta formazione e impresa è controverso e spesso oggetto di critiche: dove si trova il punto un equilibrio tra qualità della didattica e collegamento con il mondo del lavoro, sia dal punto di vista degli investimenti che dell’inserimento professionale dei laureati?

Credo che sia importante trarre esempio e ispirazione da ciò che viene fatto in altri paesi e contesti. In tutte le grandi Università tecniche del mondo il legame tra accademia e imprese è strettissimo. Ovviamente questo legame deve essere bilanciato e basato su rispetto e stima reciproci. L’Università non deve dipendere o essere al servizio dell’impresa, ma deve tener conto degli stimoli che da essa provengono e delle competenze in essa esistenti. Analogamente, in un contesto evoluto non è immaginabile che l’impresa non tenga conto delle indicazioni e delle opportunità di innovazione offerte dall’Università, e non supporti le attività che questa svolge. I due mondi devono dialogare e saper prendere decisioni condivise nel rispetto delle competenze e del ruolo di ciascuno, con mentalità aperta e superando pregiudizi spesso infondati. I rapporti storici e ben consolidati che il Politecnico ha con alcune grandi aziende - Leonardo, Stellantis, ENI, TIM, solo per citarne alcune - sono la dimostrazione che la collaborazione è possibile e può portare vantaggi significativi ad entrambi.

Vedendo come buoni auspici le ultime notizie, quali sono le speranze per la città e per le sue istituzioni, tra cui il Politecnico?

Mi auguro che altre aziende decidano presto ulteriori investimenti a Torino o in Piemonte, contribuendo a rafforzare l’aggregato di competenze e capacità già presente. Sono convinto che questo territorio abbia enormi potenzialità: qui sono presenti tutti gli ingredienti per poter continuare ad essere un polo economico avanzato e innovativo a livello non solo italiano ma internazionale. Dobbiamo continuare ad attrarre investimenti e insediamenti produttivi e di ricerca, a far nascere e crescere aziende innovative, sempre promuovendo uno sviluppo armonico dell’intera società. Le opportunità offerte da questo momento storico - non dimentichiamo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - devono essere sfruttate al meglio, enfatizzando i nostri punti di forza - in particolare la creatività, le competenze, la capacità di innovazione - e affrontando con convinzione i punti di debolezza. Sono certo che il Politecnico saprà sfruttare le risorse in arrivo per crescere ulteriormente, in modo da poter dare un supporto sempre più efficace al nostro territorio. È però necessario che Università, aziende, amministratori pubblici agiscano in maniera coordinata, evitando qualunque tipo di particolarismo.

 

Immagine di copertina: Michele D'Ottavio

Immagini all'interno dell'articolo: Filippo Alfero/Getty Images