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In Ateneo

L’occhio magico di Carlo Mollino fotografo

18 Gennaio 2018

Tra i più noti e celebrati architetti del Novecento e docente del Politecnico, Carlo Mollino ha da sempre riservato alla fotografia un ruolo privilegiato, utilizzandola sia come mezzo espressivo, sia come fondamentale strumento di documentazione e archiviazione del proprio lavoro e del proprio quotidiano. Fino al 13 maggio prossimo, la mostra “L’occhio magico di Carlo Mollino. Fotografie 1934-1973” racconterà a CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia il percorso e la poetica di Mollino fotografo, esponendo più di 500 scatti realizzati dall’architetto e custoditi presso gli Archivi della Biblioteca Centrale di Architettura ‘Roberto Gabetti’ dell’Ateneo.

L’esposizione, la più grande e completa  mai realizzata sul tema,  indaga il rapporto tra Mollino e la fotografia evidenziandone l’unicità e le caratteristiche ricorrenti, a partire dalle prime immagini d’architettura realizzate negli anni Trenta fino alle Polaroid degli ultimi anni della sua vita. Sulle orme del padre Eugenio, ingegnere e appassionato fotografo, Carlo Mollino si  è avvicinato a questo linguaggio espressivo fino dalla gioventù, sviluppando non soltanto un vasto corpus  di immagini a metà tra il canone della tradizione, di cui aveva consapevolezza profonda, e lo slancio della sperimentazione, ma anche una peculiare coscienza critica che lo ha condotto a pubblicare nel 1949 “Il messaggio dalla camera oscura”, volume innovativo quanto fondamentale per la diffusione della cultura fotografica in Italia e la sua accettazione tra le arti maggiori. Questa mostra, a cura di Francesco Zanot, si propone così di approfondire la straordinaria complessità e fecondità della    riflessione  di  Carlo Mollino sulla fotografia, situandola definitivamente nella storia di questa disciplina attraverso un percorso che alterna grandi classici a opere del tutto inedite e mai precedentemente esposte.

Superando  qualsiasi  classificazione  tra  generi,  incompatibile  con  la  stessa  natura  molteplice  e  sfaccettata  di Carlo Mollino, che porta avanti  contemporaneamente  progetti  e  interessi  molto  diversi  facendoli inevitabilmente confluire tra loro, la mostra è suddivisa in quattro sezioni tematiche, ognuna intitolata con una citazione tratta dagli scritti dello stesso autore.

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Nella prima sezione, “Mille case”, sono raccolte le immagini relative al tema dell’abitare, che caratterizza ovviamente una porzione fondamentale del lavoro fotografico di Mollino: oltre alle immagini degli  edifici (Mollino è tra i pochi architetti che, dopo averle realizzate, reinterpretano con la fotografia le proprie costruzioni), compaiono qui still-life di oggetti domestici, ritratti ambientati nei celebri interni progettati da lui stesso, e una serie di istantanee riprese durante i suoi viaggi come annotazioni visive di architetture più o meno note, dalle case in legno e paglia della campagna rumena al Guggenheim Museum di Frank Lloyd Wright a New York, dai mulini olandesi alla Chandigarh di Le Corbusier.

La seconda sezione, “Fantasie di un quotidiano impossibile”, è centrata sull’atmosfera e le ispirazioni surrealiste che pervadono una parte della produzione fotografica molliniana. È il capitolo più libero e imprevedibile dell’intera mostra. Include fotografie molto diverse tra loro, sempre tese a mettere in discussione la realtà rappresentata: ci sono immagini di vetrine che ricordano quelle riprese a Parigi da Eugène Atget, fotografo prediletto da Man Ray, oggetti isolati nell’inquadratura e caricati di una vita misteriosa, specchi che nascondono e moltiplicano ogni cosa, fotografie di altre fotografie, fotomontaggi di progetti architettonici realizzati a partire da modelli di piccole dimensioni, fino a una selezione di preziose immagini tratte dalla pubblicazione “Occhio magico”, del 1945.

“Mistica dell’acrobazia” è il titolo della terza sezione, interamente dedicata a un altro interesse molto speciale di Carlo Mollino, quello per la velocità, il movimento e la dinamica. Sono qui riunite fotografie sul tema del volo, che Mollino praticava da provetto pilota acrobatico, dell’automobilismo, con particolare attenzione alla vicenda del Bisiluro, automobile da lui progettata (insieme a Mario Damonte ed Enrico Nardi) e con cui aveva partecipato alla “24 ore di Le Mans” nel 1955, e dello sci, con una selezione di fotografie di linee tracciate dagli sciatori sulla neve, sinuose come i profili del design del genio torinese.

La quarta sezione, “L’amante del duca”, la più ampia della mostra con oltre 180 fotografie selezionate, è infine dedicata al tema del corpo e della posa. Qui sono messi a confronto tra loro due soggetti  fondamentali dell’intero corpus fotografico molliniano: i ritratti femminili (oltre alle celeberrime Polaroid, sono esposte numerose stampe originali in bianco e nero e a colori) e gli sciatori. Entrambi sono il frutto di una meticolosa operazione di messinscena di Mollino, che dimostra una particolare attenzione per il controllo della posa, riprendendo ossessivamente gli stessi gesti. Gli sciatori sono colti in posizioni che individuano la perfezione del gesto tecnico (direttore della commissione delle scuole e dei maestri di sci, Mollino pubblica nel 1951 il manuale “Introduzione al discesismo”), mentre le donne, reminescenti della statuaria antica, replicano senza sosta atteggiamenti simili, sullo sfondo degli stessi scenari e vestite nei medesimi abiti.

La mostra si completa infine con alcuni documenti, tra cui lettere, manoscritti, dattiloscritti originali (relativi in particolare alle successive stesure de “Il messaggio dalla camera oscura”), e una serie di cartoline collezionate da Carlo Mollino in ogni angolo del mondo che evidenziano, oltre a un atteggiamento di costante  ricerca  e curiosità, l’interesse vivo per la fotografia in ogni sua declinazione ed espressione. Tutti i materiali in mostra, salvo alcune eccezioni opportunamente indicate, provengono dalle collezioni del Politecnico di Torino, Archivi Biblioteca Gabetti, Fondo Carlo Mollino.

“Con gran piacere, la sezione Archivi della Biblioteca Centrale di Architettura ‘Roberto Gabetti’ ha  accolto  la proposta di CAMERA di dedicare una mostra di ampio respiro alla  produzione  fotografica  di  Carlo  Mollino  - ricorda il professor Sergio Pace del Politecnico di Torino - DAD (Dipartimento di Architettura e Design) - A tale attività il grande architetto torinese, lungo tutto l'arco della  propria  carriera,  ha  rivolto  un’attenzione straordinaria,  così  lasciando  ampia  testimonianza  non  solo  della  propria  attività  progettuale,  ma  anche  e soprattutto degli interessi vastissimi e delle passioni anche inconsuete che l’hanno reso una figura unica nel panorama culturale italiano. Migliaia sono gli scatti, realizzati con tecniche differenti e spesso ritoccati a mano su negativi e/o positivi: dal negativo su lastra a quello su pellicola, dal bianco e nero al colore, dal fotomontaggio, realizzato insieme all’amico fotografo Riccardo Moncalvo, fino all’uso della polaroid per gli scatti più privati, gli archivi del Politecnico custodiscono un fondo prezioso per comprendere non soltanto un maestro inconfondibile, ma anche un capitolo essenziale della storia della fotografia nell'Italia del Novecento. Anche in virtù dell'ampiezza di tali orizzonti, è importante sottolineare che la mostra si avvale anche dei primi esiti di un progetto di digitalizzazione dei negativi di Carlo Mollino, cofinanziato da Regione Piemonte”.

“Mi rallegro che la mostra nasca da una collaborazione proficua con il Politecnico di Torino - dichiara Emanuele Chieli, Presidente di CAMERA - a dimostrazione della sempre più forte capacità di CAMERA di dialogare con le istituzioni locali e di trarre da questo dialogo progetti che uniscono rigore scientifico e motivi di interesse e curiosità per il vasto pubblico. Il rapporto con la città è da sempre al centro dell'attenzione di CAMERA, così come l'attenzione al più vasto mondo della cultura internazionale. Carlo Mollino condensa nella sua straordinaria e polimorfa figura entrambi questi aspetti: torinese di nascita e sempre attivo nel capoluogo piemontese, Mollino è divenuto negli ultimi decenni una figura apprezzata ben al di fuori dei confini cittadini e nazionali, maestro eccentrico della cultura del XX secolo”.

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