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Ricerca e innovazione

Dai fondi di caffè un materiale per realizzare sensori di umidità

22 Marzo 2019

Ogni anno, nel mondo, vengono consumati 10 milioni di tonnellate di caffè che, oltre a riempire innumerevoli tazze e tazzine, lasciano il “fondo”. E proprio da questi scarti parte la ricerca del team coordinato da Alberto Tagliaferro e Jean Marc Tulliani, docenti del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia: ridurre l’impatto ambientale e ottenere dai rifiuti del caffè macinato materiale per la realizzazione di sensori di umidità. È l’obiettivo dello studio Waste Coffee Ground Biochar: a material for Humidity Sensors pubblicato sulla copertina della rivista Sensors, a cui hanno collaborato Pravin Jagdale, Daniele Ziegler, Massimo Rovere.

Per trasformare il caffè in materiale per sensori di umidità, il team ha sviluppato un processo in più fasi: inizialmente gli scarti vengono lavati, centrifugati, filtrati ed essiccati in forno a 90°C per 10 ore; in seguito, il materiale viene sottoposto al processo di pirolisi a una temperatura di 700°C per 1 ora in atmosfera inerte; ed infine macinato per migliorarne l’omogeneità. Si ottiene così la carbonella – o biochar (CGB) – che mantiene la struttura spugnosa tipica della polvere del caffè e che, depositata tramite tecnica serigrafica su di un substrato ceramico con degli elettrodi di platino, compone il sensore.  

E proprio le caratteristiche peculiari del biochar consentono, in base al tasso di umidità, di inviare un segnale elettrico agli elettrodi. “Quando le molecole di acqua si adsorbono sulla superficie del biochar avviene probabilmente un trasferimento di elettroni tra esse e la superficie del materiale sensibile a bassi valori di umidità relativa – spiega Jean Marc Tulliani – Si forma quindi all’inizio un primo strato di molecole di acqua fortemente legate al biochar mentre, in seguito, col crescere del tenore di umidità nell’aria, si formano altri strati più debolmente legati tra di loro e dove i portatori di cariche sono gli ioni H3O+. Infine, a più elevati valori di umidità relativa, il vapore acqueo condensa nei pori del materiale sensibile. I sensori prodotti si sono dimostrati in grado di determinare l’umidità relativa dell’aria a temperatura ambiente nell’intervallo 20-97% di umidità relativa con tempi di risposta rapidi. Il biochar è dunque un materiale molto promettente per l’applicazione mirata data la sua natura porosa”.

Un materiale innovativo che potrebbe portare alla realizzazione di sensori di umidità applicabili non solo a livello domestico, ma anche nella produzione industriale dove il controllo dell’umidità è di fondamentale importanza in molti processi, contribuendo inoltre alla riduzione dell’impatto ambientale legato allo smaltimento dei rifiuti del caffè.