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Ricerca e innovazione

Le interazioni sociali possono influire sulla diffusione di una malattia?

12 Dicembre 2018

Grazie ad un modello matematico sarà possibile “mappare” la diffusione di patogeni e malattie attraverso le interazioni sociali: tenendo conto della relazione tra i momenti di contatto come cene, aperitivi o uscite con gli amici si potrà prevedere l’andamento di un'infezione o un'epidemia. Si tratta della ricerca di Alessandro Rizzo e Lorenzo Zino, rispettivamente docente del Dipartimentodi Elettronica e Telecomunicazioni e assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze Matematiche “G.L. Lagrange” del Politecnico di Torino, in collaborazione con Maurizio Porfiri, docente della New York University, pubblicata sul “SIAM Journal on Applied Dynamical Systems”, punto di riferimento per le pubblicazioni delle ultime ricerche riguardanti metodologie matematiche e computazionali applicate a vari ambiti. Questa pubblicazione è il risultato di una ricerca parzialmente finanziata dalla US National Science Foundation (NSF), dalla US Army Research Office (ARO), dalla Compagnia di San Paolo e dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca attraverso il progetto Dipartimenti di Eccellenza 2018-2022.

La maggior parte dei sistemi che sono presenti nella quotidianità - come quelli biologici, sociali ed economici - si evolvono attraverso brevi momenti di grande attività intervallati da lunghi periodi di inattività. Questa osservazione è valida anche per lo sviluppo delle interazioni sociali: le connessioni tra individui avvengono infatti in modo intermittente piuttosto che in un flusso costante, interrotte anche queste da periodi latenti di “vuoto”. Ma la peculiarità delle interazioni sociali si ritrova nella presenza di un fenomeno chiamato “self-excitement” – autoinduzione – ovvero la tendenza che questi “contatti sociali” hanno di autoalimentarsi: più si hanno interazioni, più si tende a ricevere attenzioni e gratificazioni che, a loro volta, spingono ad incrementare ulteriormente l’attività sociale. La presenza di questa dinamica tende ad influenzare a loro volta altri fenomeni, come, in questo caso, la diffusione di una malattia contagiosa.

"Si è sempre presupposto che le epidemie si diffondessero molto più rapidamente o molto più lentamente di quanto gli individui costruiscano connessioni sociali – spiega Maurizio Porfiri, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale e il Dipartimento di Ingegneria Biomedica della New York University - Tuttavia, questo è raramente vero, in quanto al giorno d’oggi le persone possono percorrere qualsiasi distanza in poche ore, diffondendo efficacemente molti agenti patogeni".

E su queste premesse gli autori, analizzando la connessione tra l'attività sociale delle persone e diffusione di epidemie, hanno sviluppato un modello matematico che analizza il modo in cui i meccanismi di “self–excitement” influenzano in modo dinamico la predisposizione degli individui a stabilire connessioni e, di conseguenza, condizionano la trasmissione epidemica.

"La nostra ricerca dimostra che trascurare i meccanismi che governano le interazioni sociali nello studio della diffusione epidemica può portare a sottovalutare la gravità di un'infezione -  sottolinea Lorenzo Zino -  Comprendere il ruolo cruciale del meccanismo di “self-excitement” all'inizio di un'epidemia è la chiave per formulare accurate previsioni sull'evoluzione delle epidemie e sviluppare efficaci tecniche di vaccinazione e contenimento".

Combinando dunque questo aspetto di “autoinduzione” con simulazioni numeriche, emerge una maggiore variabilità nell'attività sociale dell'individuo – le persone sono portate a sviluppare le proprie interazioni sociali in maniera e quantità diversa - che a sua volta riduce la soglia epidemica del sistema, aumentando la vulnerabilità nei confronti di un focolaio epidemico: con i contatti sociali si sviluppa di pari passo anche la possibilità di diffusione di patogeni. "Questa ricerca è un passo obbligato nella direzione dello sviluppo di modelli matematici in grado di descrivere e prevedere le dinamiche sociali – conclude Alessandro Rizzo - Nel nostro lavoro, e anche per gli studi futuri, miriamo a includere ulteriori caratteristiche del “sistema sociale”, comprendendone l’effetto sulla diffusione di un’epidemia, al fine di migliorarne le previsioni”.